Ho messo la sveglia alle 8.30 come sempre, e come sempre mi sono svegliato dopo. Oggi alle 10 (cioè ora). In questo intervallo credo di aver fatto uno dei sogni più belli mai fatti prima, o almeno che riesco a ricordarmi anche oltre i 3s dopo essermi svegliato (l’ho anche scritto sul cell, per non dimenticarmi tutto, cosa che sta accadendo mentre scrivo.. E’ stato talmente bello, completo e realistico tanto che ve lo ripropongo…
il pezzo in corsivo, è un po fuori dal sogno, però ve lo scrivo ugualmente.. confonde la realtà del sogno…
“Ero ad un banco del liceo, con accanto il mio solito compagno F.. Non era una giornata qualunque, era l’esame di maturità, un nuovo esame di maturità (cioè non è al posto di quello che ho già fatto ma è un altro, fatto dopo).
C’era il tema da fare, o almeno così sembra, però c’era anche un calcolo matematico e proprio per quello F. chiede a quelli davanti ad un foglietto con la soluzione dell’esercizio. Lo chiameremo G. (l’altro non so chi era ma è probabile sia A.) quello che ci passa il foglietto, che lo lancia e non riusciamo a prenderlo, o meglio F. non riesce a premerlo, quindi ci penso io, che sono nettamente più capace. Dopo F. mi chiede di confrontare gli esercizi (il mio e il suo), e notiamo che vengono uguali, diversi da quelle del foglietto, ma decidiamo che i nostri sono quelli giusti, e ridiamo (bah). Il foglietto lo prendo io e lo metto nell’astuccio, da dove tiro fuori un altro foglietto chiuso, sembra quasi impolverato e lo metto sopra l’astuccio.
Passa il presidente della commissione tra i banchi (è lo stesso del mio esame di maturità!), è basso, rotondetto, con aria non allegra e certamente scocciata. Finisce davanti al mio banco e nota il foglietto (quello chiuso, di una fotocopia d’inglese, che sembra persino stato messo in lavatrice) e fa:
“Questo non si può tenere, mi dia il compito!”
“Ma scusi non l’ho neanche aperto! Controlli, non è neanche scritto in italiano!”
“Non m’interessa se lei ha copiato o no, lei aveva qualcosa che non poteva tenere..”
Il Presidente torna alla cattedra, scocciato, con il mio compito. Io rimango seduto, stupito dal fatto che nessuno dei compagni faccia niente (mi sono sempre stupito come, nella realtà quotidiana, la “classe” non rappresenti qualcosa di unito, qualcosa dove ognuno si aiuti, anzi c’è il menefreghismo e il solo interesse personale).
Vengono alcuni miei prof e mi chiedono cosa sia successo, gli dico com’è andata la cosa, che quel foglio era li perché l’avevo tirato fuori dall’astuccio poiché mi creava impiccio e che era scritto in inglese, anzi fotocopia d’inglese, di anni prima, che non era mai stata aperta. I prof mi dicono che ho ragione ma non possono farci niente perché è stato il presidente a decidere.
Mi alzo, rimanendo al mio posto, e me la prendo un po’ con il presidente, ma non ricordo cosa stavo dicendo, ricordo solo di aver pensato di non esagerare perché avrei avuto l’orare da fare, ed era il presidente che avrebbe deciso la mia sorte…
Dopo un po’ si alza F. va alla cattedra, spero sia per difendermi e per dire: “Oh gli ridà i compiti o ritiri anche i miei”, invece dopo alcuni minuti gli consegna il suo foglio, si alza e se ne va salutandomi… Non penso sia sai battuto per i miei diritti…
Mi alzo io e vado dal presidente:
“Posso riavere il compito?”
“No”
“Ne ho bisogno, senza di quello non passero mai l’esame!”
“No, non poteva tenere un foglietto sul banco, chi mi dice che lei non abbia copiato?”
“Ma è in inglese!”
“Non m’interessa”
“La prego, non passerò l’esame!”
“Vediamo” indicando un registro con i nomi e i voti sulle materie “ha tre materie da recuperare”.
“Appunto mi ridia il compito e mi faccia finire…”
“Le ho già detto di no”
(Qui la cosa figa!)
“Mi faccia capire: lei mi ha ritirato il compito perché avevo qualcosa che non avrei potuto tenere sul banco?”
“Esatto”
“E’ vero che gli studenti non possono utilizzare la penna rossa durante i compiti?”
“Si, non possono usarla”
In quel momento mi giro, e mi dirigo verso i banchi, con una camminata ganza.
“Una” e prendo una penna rossa dal banco del primo “Due”, “Tre”, “Quattro”.
Vedo che qualcuno sta per rimettere dentro l’astuccio, la penna “no tranquilli, non vi succederà niente”
“Cinque”, “Allora” camminando con l’ultima penna presa verso la cattedra “ora perché non ritira anche il loro compito, dato che avevano sul banco qualcosa che non potevano usare?”
“Si riprenda il suo compito e lo finisca”
“Dice davvero?”
“Si” porgendomi il compito “Prenda e lo finisca”
“Grazie….”
Torno al posto, mi sto per sedere e fa:
“Sa perché gli ho ridato il compito?”
Con lo sguardo gli dico di no..
Lui si alza.
“Perché è stato in gradi di argomentarmi la sua situazione e di dimostrare la sua maturità” (il concetto era questo, ma non mi ricordo più le parole)
Si avvicina a me e a bassa voce “Mi raccomando lo finisca”.
La classe è stupefatta.
Rileggo la prima riga del tema “La scena che più mi ha colpito..” “
Se siete arrivati fino a qui.. complimenti!
l’ho letto tutto…ma veramente è pessimo…
è l’emozione trasmessa durante il sogno….